Indagine competenze Stato/Regioni 6: per le ispezioni è meglio un’Agenzia Unica?

La modifica al Titolo V della seconda parte della Costituzione – all’interno di un disegno di legge costituzionale più complessivo finalizzato al superamento del bicameralismo perfetto – continua il suo lungo iter dopo la recente approvazione alla Camera (seduta del 10 marzo 2015). Ora la riforma dovrà tornare a Palazzo Madama per l’iter della seconda lettura e approvazione. Con questo blog di riflessione cerco di rispondere ad alcune domande sull’utilità e sulle conseguenze dell’accentramento o decentramento delle competenze in materia di salute e sicurezza. E lo vorrei fare attraverso una raccolta di materiali e di pareri, con particolare riferimento a mie interviste e articoli pubblicati sul quotidiano online, in materia di sicurezza sul lavoro, PuntoSicuro.

 

Della legge delega per la riforma del lavoro, ormai chiamata da tutti “Jobs Act”, si parla in Italia da mesi. Di questa legge, già approvata ed entrata in vigore, i media hanno sfornato tutti i possibili dettagli in materia di reintegro, licenziamenti, ammortizzatori, nuovi contratti. Innumerevoli talk show hanno cercato di chiarire se questa legge servirà o meno a diminuire la disoccupazione in Italia, se l’azzardo verso le “tutele crescenti” non sia un modo di nascondere la riduzione delle “tutele presenti”. I grandi giornali cartacei hanno ricoperto le proprie prime pagine di titoli sull’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, sull’opportunità osteggiata, discussa o esaltata di cambiare le regole in materia di licenziamenti.

Peccato che invece pochi media si sianoinvece soffermati su un aspetto del “Jobs Act” meno conosciuto e per questo più insidioso: i cambiamenti in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori con particolare riferimento alle “Deleghe al Governo in materia di riforma degli ammortizzatori sociali, dei servizi per il lavoro e delle politiche attive, nonché in materia di riordino della disciplina dei rapporti di lavoro e dell’attività ispettiva e di tutela e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”.

Quali cambiamenti?

Innanzitutto cambiamenti dipendenti dalla delega in materia di sicurezza, delega per modifiche che tengano conto dei criteri della semplificazione e razionalizzazione.

Ma una ulteriore delega, ancor più sottaciuta dai media e sempre ispirata dagli obiettivi di semplificazione e razionalizzazione, riguarda anche il compito di istituire una sorta di “Agenzia unica delle ispezioni del lavoro”.

Questo è uno stralcio del comma 7 dell’articolo 1 del Jobs Act approvato:

7. Allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro da parte di coloro che sono in cerca di occupazione, nonché di riordinare i contratti di lavoro vigenti per renderli maggiormente coerenti con le attuali esigenze del contesto occupazionale e produttivo e di rendere più efficiente l’attività ispettiva, il Governo è delegato ad adottare, su proposta del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi, di cui uno recante un testo organico semplificato delle discipline delle tipologie contrattuali e dei rapporti di lavoro, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi, in coerenza con la regolazione dell’Unione europea e le convenzioni internazionali:

(…)

i) razionalizzazione e semplificazione dell’attività ispettiva, attraverso misure di coordinamento ovvero attraverso l’istituzione, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, di una Agenzia unica per le ispezioni del lavoro, tramite l’integrazione in un’unica struttura dei servizi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, dell’INPS e dell’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL), prevedendo strumenti e forme di coordinamento con i servizi ispettivi delle aziende sanitarie locali e delle agenzie regionali per la protezione ambientale.

 

Per cogliere la connessione tra Jobs Act e riforma del titolo V della Costituzione, tra l’Agenzia Unica delle Ispezioni e il passaggio delle competenze allo Stato in materia di sicurezza, riprendiamo uno stralcio di un contributo, pubblicato con il titolo “Vigilanza e competenze: l’Agenzia unica delle ispezioni del lavoro” su PuntoSicuro del 15 gennaio 2015, di Massimo Peca, Ispettore tecnico del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, componente del Coordinamento Spontaneo degli Ispettori del Ministero (CSI-MLPS).

Per comprendere infine il percorso a ostacoli del futuro decreto attuativo relativo all’Agenzia Unica, riportiamo a seguire, infine, lo stralcio di una mia intervista a Sebastiano Calleri, il Responsabile Salute e Sicurezza della Confederazione Generale Italiana del Lavoro (Cgil) nazionale. Intervista pubblicata su PuntoSicuro il 5 marzo 2015 con il titolo “Jobs Act: le modifiche in materia di ispezioni e formazione”.

Buona lettura.

Tiziano Menduto


 

Vigilanza e competenze: l’Agenzia unica delle ispezioni del lavoro

Lo “stato dell’arte” dell’Agenzia unica delle ispezioni del lavoro” in relazione alle probabili competenze sulla salute e sicurezza dei lavoratori. A cura di Massimo Peca.

(…)

Dalla lettura dei testi anzidetti (il comma 7 dell’articolo 1 del Jobs Act, ndr), appare evidente che, mentre nel caso in cui venisse realizzata l’Agenzia, questa potrebbe interessare solo le funzioni ispettive dell’INPS e dell’INAIL, per quanto riguarda le attività ispettive descritte delle ASL e ARPA (circa 250 in tutto), la legge delega (e di conseguenza il decreto legislativo che ne deriverebbe) prevede solo delle “forme di coordinamento” e quindi tali funzioni non potrebbero essere ricomprese tra i compiti dell’agenzia, se verrà realizzata. Ciò a causa del vincolo posto dal Parlamento al Governo.

Lo stesso Governo Renzi ha presentato l’8 aprile 2014 al Senato, il disegno di legge costituzionale S1429 per la riforma del titolo V della Costituzione. Per quanto d’interesse in questa trattazione, la modifica dell’articolo 117 della Costituzione predisposta dal Governo prevedeva la seguente formulazione: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie e funzioni: … norme generali per la tutela … e sicurezza del lavoro”. Il testo licenziato dal Senato ed ora in discussione alla Camera (C2613) è stato privato della parola “funzioni”, sebbene sia stato emendato nelle varie commissioni affari costituzionali.

Seppure il percorso della riforma costituzionale dell’articolo 117 non si sia ancora concluso, è importante rilevare dalla lettura del testo originario del Governo, che l’intenzione dello stesso parrebbe essere quella di creare i presupposti normativi costituzionali per riportare alla competenza esclusiva dello Stato non solo l’importantissima ed esclusiva potestà legislativa relativa alla tutela della salute e sicurezza dei lavoratori, ma anche quella delle “funzioni” ad essa connessa, cioè l’attività di vigilanza a parere di chi scrive. Ben più pregnante, impegnativa e profondamente riformatrice dell’apparato pubblico ad essa destinato: principalmente ASL e ARPA. Le date di trasmissione dei due disegni di legge sono sintomatiche.

Orbene, seppure la riforma dell’articolo 117 della Costituzione tornasse nella sua precedente formulazione, cioè ricomprendendo anche le “funzioni”, queste sarebbero impossibili da esercitare se non previa modifica sia della legge delega appena approvata (183/2014) che del conseguente decreto legislativo, perché esulerebbero dai vincoli “imposti” dal Parlamento. O meglio, sarebbe più opportuno parlare di vincoli “votati” dal Parlamento.

Sarebbe importante che l’obiettivo della riforma legislativa in atto fosse quello di ricondurre alla gestione unitaria dell’Agenzia, tutte le competenze frazionate in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro già assegnate ai Ministeri del lavoro e delle politiche sociali, della salute, dello sviluppo economico, della difesa per la parte di competenza sulle funzioni delle Capitanerie di porto in merito alla navigazione civile, al Servizio sanitario nazionale, alle ARPA, alle Regioni direttamente o alle Province e pertanto dovrebbero essere ricondotte all’Agenzia anche i compiti svolti da organismi regionali o statali relativi a:

– porti e navigazione delle navi mercantili e da pesca;

– ferrovie e aeroporti;

– industrie estrattive a cielo aperto o sotterranee, torbiere;

– acque minerali e termali;

– radiazioni ionizzanti in ambito sanitario.

Si evidenzia come l’Agenzia così definita, esercitando i compiti già assegnati ad altri organi pubblici, statali o locali, riunirebbe in un unico soggetto una molteplicità di funzioni che attualmente sono sovrapponibili con quelle già presenti in alcune direzioni generali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Per tale ragione, il Ministero di riferimento non avrebbe più la necessità di contenere al suo interno la Direzione generale dell’attività ispettiva, le divisioni II e VI della Direzione generale delle relazioni industriali e dei rapporti di lavoro, similmente per gli altri Ministeri indicati. In termini generali, i principali compiti specifici dell’Agenzia, relativamente agli aspetti della salute e sicurezza dei lavoratori, sono ben delineati negli articoli 5, 6 e 7 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81.

Questa sarebbe una vera riforma di una parte della pubblica amministrazione che consentirebbe di affrontare in modo decisivo ed organico i 2’282’000 tra malattie professionali e ad esse assimilate degli ultimi 12 mesi (di cui tra i 700 e 900 causano la morte – dato sottostimato) rispetto ai “soli” 714’000 infortuni dello stesso periodo, di cui 833 mortali (INAIL – ultimo rapporto). Nel nostro Paese, una stima prudenziale del 4% di tutte le morti per neoplasie, porterebbe a quantificare in 6’400 l’anno quelle di origine lavorativa (Ultimo Piano sanitario nazionale).

Massimo Peca

NB: Ai sensi della circolare del MLPS del 18 marzo 2004, le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza

Link diretto all’articolo integrale di PuntoSicuro

 


 

 

Jobs Act: le modifiche in materia di ispezioni e formazione
Il Jobs Act e i decreti attuativi introducono varie novità: dall’Agenzia Unica per le ispezioni alla possibile fine dell’obbligo di formazione per i lavoratori demansionati. Ne parliamo in un’intervista con Sebastiano Calleri, responsabile sicurezza Cgil.

 

(…)

Altri due punti che è necessario chiarire in merito al Jobs Act sono relativi alla legge-delega sulla normativa in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro di cui, ad oggi, si sa poco o nulla e all’ Agenzia unica delle ispezioni del lavoro a cui si fa cenno nel Jobs Act approvato a dicembre e a cui sarebbe dedicato un decreto attuativo che è ancora in fase di definitiva formulazione.

(…)

Credo che poi nel provvedimento già approvato a dicembre ci fosse già il riferimento ad un Agenzia Unica per le ispezioni…

Sebastiano Calleri: C’è una delega del Jobs Act dedicata espressamente a questo. Doveva andare in Consiglio dei Ministri il 20 febbraio. Non ci è andata.

Noi abbiamo accolto positivamente questa cosa perché la bozza di decreto rispetto all’Agenzia Unica non ci piaceva affatto e non ci piaceva per due motivi.

Uno perché è una delega come al solito senza alcuna risorsa, cioè a invarianza della finanza pubblica. E’ una riorganizzazione basata sul risparmio economico nella quale si prevede l’abolizione, per esempio, delle Direzioni Territoriali del Ministero del lavoro e anche di quelle interregionali nell’ottica della razionalizzazione, ma in realtà di un accorpamento e di un taglio di fondi. Non si dice poi nulla di quello che l’Agenzia farà.

Vi dico solo una chicca che era contenuta nella Relazione Illustrativa del provvedimento: c’è l’ispettore, fa il suo lavoro sul territorio e quindi non ha bisogno di un ufficio per tutta la settimana, e poi torna una volta a settimana a scaricare le pratiche all’interno della struttura. Questo è un modo di vedere le cose che non ci soddisfa. Primo perché in realtà le professionalità presenti all’interno dei servizi ispettivi del Ministero del Lavoro (…) sono professionalità multiformi che hanno bisogno di formazione (…) e soprattutto hanno bisogno di mezzi (…).

Crediamo che anche questa sia un’operazione da fare con molta attenzione e molta cautela. Noi non siamo in toto contrari all’Agenzia e alla sua istituzione. Però si deve fare con un criterio di positività di tutti, sia per i lavoratori che ci lavorano dentro e in seconda battuta per i lavoratori che devono essere salvaguardati da questa Agenzia. Non possiamo abbassare né il livello, né il numero delle ispezioni. (…) In realtà le ispezioni sono poche su tutto il territorio nazionale e non si raggiungono dei livelli ottimali.

E poi c’è il problema del raccordo, del coordinamento con i servizi ispettivi delle Asl sotto il Ministero della Sanità. Questa è una grossa querelle che sappiamo che parte dall’ articolo 117 della Costituzione, dalla volontà di cambiarlo e da tutto quello che c’è sulle Regioni. Ha senso fare un’Agenzia che poi non integra in qualche modo anche le attività di vigilanza delle Regioni? (…).

 

Link diretto all’articolo integrale di PuntoSicuro

Indagine competenze Stato/Regioni 4: quali sono le competenze delle Regioni?

Mentre la modifica al Titolo V della seconda parte della Costituzione continua il suo iter, vorrei rispondere ad alcune domande sull’utilità e sulle conseguenze dell’accentramento o decentramento delle competenze in materia di salute e sicurezza. E lo vorrei fare attraverso una raccolta di materiali e di pareri, con particolare riferimento a mie interviste e articoli pubblicati sul quotidiano online, in materia di sicurezza sul lavoro, PuntoSicuro.

Sono sempre convinto che prima di emettere giudizi su qualunque tema sia prima necessario cercare di conoscere contenuti e confini della materia affrontata. E in riferimento all’indagine/reportage – lanciata in un precedente post – sulle possibili modifiche alla nostra Costituzionerelative alle competenze sulla “tutela e sicurezza sul lavoro”, penso che sia venuto il momento di raccogliere informazioni sulla situazione attuale, sui vantaggi e svantaggi delle competenze alle Regioni.

Tra l’altro questo approfondimento sul ruolo delle Regioni segue la presentazione, avvenuta nel precedente post, del parere – che potremmo definire semplicisticamente “pro-regioni” – di Cinzia Frascheri, una delle sindacaliste italiane che in questi anni più si sono più occupate di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori…

Il primo documento è un mio articolo – pubblicato su PuntoSicuro del 9 maggio 2012, con il titolo “D. Lgs. 81/2008: ruolo e funzioni delle regioni e delle ASL” – di presentazione di un intervento ad una giornata di studio e di aggiornamento, promossa dalla Cgil Emilia Romagna, che si è tenuta a Bologna il 22 novembre 2011.

L’intervento – del Dott. Giuseppe Monsterastelli (Assessorato Sanità Regione Emilia Romagna) – presenta le competenze delle Regioni e dei Dipartimenti di Sanità Pubblica delle Aziende USL alla luce del D. Lgs. 81/2008.

Il secondo documento è tratto invece da un mio articolo– pubblicato su PuntoSicuro del 2 agosto 2012, con il titolo “Le competenze delle Regioni in materia di sicurezza sul lavoro” – di presentazione di un “working paper”, un breve saggioprodotto dall’Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro (Olympus), dal titolo “Brevi note sulle competenze delle Regioni in tema di disciplina della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”.



 

D. Lgs. 81/2008: ruolo e funzioni delle regioni e delle ASL

Ci soffermiamo su alcuni aspetti del Decreto legislativo 81/2008 con riferimento al ruolo e alle competenze delle Regioni.

Affronta questo tema la prima parte dell’intervento “Stato dell’arte dell’applicazione della legislazione: d.lgs 81/2008 e smi. Criticità della norma e armonizzazione con i sistemi di gestione certificata. Ruolo della vigilanza istituzionale rispetto ai sistemi certificati”, a cura del Dott. Giuseppe Monsterastelli (Assessorato Sanità Regione Emilia Romagna).

Per introdurre il tema delle competenze regionali e dei competenti servizi delle ASL il relatore riporta il primo articolo del Decreto legislativo 81/2008, con riferimento all’art. 117 della Costituzione e alla legislazione di Stato e Regioni:

 

Articolo 1 – Finalità

1. Le disposizioni contenute nel presente decreto legislativo costituiscono attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, per il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in un unico testo normativo. Il presente decreto legislativo persegue le finalità di cui al presente comma nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia, nonché in conformità all’articolo 117 della Costituzione e agli statuti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, e alle relative norme di attuazione, garantendo l’uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori sul territorio nazionale attraverso il rispetto dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche con riguardo alle differenze di genere, di età e alla condizione delle lavoratrici e dei lavoratori immigrati.

2. In relazione a quanto disposto dall’articolo 117, quinto comma, della Costituzione e dall’articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, le disposizioni del presente decreto legislativo, riguardanti ambiti di competenza legislativa delle regioni e province autonome, si applicano, nell’esercizio del potere sostitutivo dello Stato e con carattere di cedevolezza, nelle regioni e nelle province autonome nelle quali ancora non sia stata adottata la normativa regionale e provinciale e perdono comunque efficacia dalla data di entrata in vigore di quest’ultima, fermi restando i principi fondamentali ai sensi dell’articolo 117, terzo comma , della Costituzione.

3. Gli atti, i provvedimenti e gli adempimenti attuativi del presente decreto sono effettuati nel rispetto dei principi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.

Veniamo alle funzioni della Regione.

Il relatore indica che la Regione, nel sistema che risulta dai decreti legislativi 81/2008 e 106/2009, “ha la responsabilità di garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori attraverso la realizzazione degli interventi programmati a livello nazionale e la effettuazione di specifiche azioni locali, anche di natura normativa, attuate utilizzando gli ambiti di autonomia normativa previsti dalla Legge Costituzionale numero 3 del 2001, che colloca la tutela e sicurezza del lavoro tra le materie di legislazione concorrente tra le Regioni e lo Stato” (nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato).

Il modello di prevenzione così riformato “richiede alla Regione un ruolo evoluto e complesso, che prevede relazioni stabili e strutturate con gli Organismi di rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro ed un sistematico coordinamento tra gli Enti pubblici competenti in materia: la Direzione regionale del lavoro, l’Inail, l’Inps, i Vigili del fuoco, nonché con Associazioni di rappresentanza degli Enti Locali: ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani) e UPI (Unione Province Italiane)”.

E in questo nuovo contesto, “la Regione deve indirizzare, programmare e coordinare le attività di prevenzione assicurando la realizzazione di iniziative di comunicazione, informazione, formazione ed assistenza dirette ai lavoratori e alle imprese e deve garantire la programmazione ed il coordinamento dell’attività di vigilanzarealizzata dai Dipartimenti di Sanità Pubblica delle Aziende USL”. E le strutture alle quali la Regione assegna questi compiti “sono rispettivamente il Comitato regionale di coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro e l’ ‘Ufficio operativo regionale’”.

La relazione continua con la descrizione del ruolo delle UOPSAL.

Le Unità Operative di Prevenzione e Sicurezza negli ambienti di lavoro delle Aziende USL, “hanno compiti di promozione della salute e di vigilanza, in questo contesto, su loro iniziativa o su delega dell’Autorità Giudiziaria, possono verificare:

– le caratteristiche strutturali ed organizzative degli ambienti nei quali si svolge l’attività lavorativa;

– le attrezzature di lavoro: macchine, apparecchi, utensili o impianti usati durante il lavoro;

– gli impianti e le attrezzature elettriche;

– i cantieri edili, compresi gli scavi e le fondazioni, le demolizioni i ponteggi;

– i fattori di rischio legati agli agenti fisici (rumore, ultrasuoni, infrasuoni, vibrazioni meccaniche, campi elettromagnetici, radiazioni ottiche, laser, microclima);

– i fattori di rischio legati all’uso di sostanze pericolose (agenti chimici, cancerogeni e mutageni, amianto);

– i fattori di rischio legati agli agenti biologici che possono provocare infezioni, allergie o intossicazioni;

– i fattori di rischio legati alle atmosfere esplosive;

– il rispetto delle norme da parte dei progettisti, fabbricanti, fornitori, installatori, medici competenti;

– gli obblighi connessi ai contratti di appalto, di opera, di somministrazione;

– l’adeguatezza della formazione, informazione, addestramento dei lavoratori”.

Possono avere inoltre il compito:

– “di informazione, formazione ed assistenza diretti ai lavoratori e alle aziende relativamente ai rischi presenti nei luoghi di lavoro e alle modalità con le quali è possibile ridurli o eliminarli;

– di realizzare interventi di promozione della salute in particolare relativi all’abuso di alcol e tabagismo;

– di formulare, anche in coordinamento con altri soggetti, pareri per i Comuni in caso di realizzazione o ristrutturazione di locali destinati al lavoro, al fine di promuovere già in fase di progettazione la sicurezza e l’igienicità dei locali;

– di coordinamento e controllo degli accertamenti sanitari sui lavoratori esposti a rischi professionali;

– di svolgere valutazioni medico legali per l’inserimento lavorativo dei disabili;

– di svolgere accertamenti al fine di tutelare le lavoratrici madri”.

Queste sono poi altre funzioni delle UOPSAL:

– “pareri: Parere di agibilità per nuovi insediamenti produttivi;

certificazioni:Rimozione o risanamento da amianto, riutilizzo del sito; Vidimazione registro infortuni;

provvedimenti e autorizzazioni: Notifica inizio attività produttive; Parere per autorizzazioni, in deroga a norme; Piani di demolizione o rimozione amianto;

comunicazioni obbligatorie all’Unità Operativa: Comunicazione di inizio lavori inerenti ristrutturazioni edili ai fini delle detrazioni fiscali (Legge 27.12.1997 n.449 e successive integrazioni); Comunicazioni D. Lgs. 81/08 Titolo VIII capo 2 – rumore – Deroga all’utilizzo DPI e rispetto valore limite; Comunicazioni D. Lgs. 81/08 relative all’uso di agenti biologici; Comunicazioni D. Lgs. 81/08 relative alla protezione da agenti cancerogeni e mutageni; Comunicazioni D. Lgs. 81/08 relative alla protezione da agenti chimici pericolosi; Notifica di manutenzioni smaltimenti o bonifiche di aree con presenza di amianto – D. Lgs. 81/08 art. 250; Notifica Preliminare per Cantieri Temporanei o Mobili – D. Lgs.81/08 art.99;

attività sanitarie, provvedimenti e autorizzazione: Parere per lo svolgimento di attività vietate agli adolescenti; Ricorso avverso il giudizio di “idoneità” del medico competente aziendale; Rilascio attestazione relative a mansioni lavorative che comportano rischio per la gravidanza;

prestazioni sanitarie e certificazioni: Controlli sanitari ai cittadini rientrati da missioni umanitarie in Bosnia e Kosovo; Richiesta di allontanamento da lavoro vietato per le lavoratrici madri durante la gravidanza e fino a sette mesi dopo il parto”.

Infine ricordiamo anche i compiti di verifica e di controllo delle Unità Operative Impiantistiche Antinfortunistiche (UOIA).

Su loro iniziativa o su delega dell’Autorità Giudiziaria, “possono verificare:

– gli impianti a pressione contenenti gas o vapori;

– gli impianti di riscaldamento ad acqua calda;

– gli ascensori e montacarichi;

– gli impianti di sollevamento: gru e apparecchi di sollevamento, ponti sviluppabili su carro e autocarro, argani e scale aeree a inclinazione variabile;

– gli idroestrattori a forza centrifuga;

– gli impianti elettrici”.

Inoltre alle UOIA è attribuita la competenza:

– “di verificare, su richiesta, lo stato di conformità degli impianti alle specifiche normative di sicurezza ed il loro stato di manutenzione;

– di svolgere interventi di comunicazione e di informazione diretti ai lavoratori e ai cittadini per trasmettere conoscenze relative ai rischi e i pericoli legati all’uso degli impianti e alle modalità di controllarli”.  

 

Link diretto all’articolo integrale di PuntoSicuro: dall’articolo è possibile visualizzare il testo originale all’intervento presentato…



 

Le competenze delle Regioni in materia di sicurezza sul lavoro

Sul tema si sofferma anche un Working Paper, un breve saggioprodotto dall’Osservatorio per il monitoraggio permanente della legislazione e giurisprudenza sulla sicurezza del lavoro (Olympus), dal titolo “Brevi note sulle competenze delle Regioni in tema di disciplina della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”.

Il documento, a cura del prof. Paolo Pascucci (professore ordinario di Diritto del lavoro nell’Università di Urbino “Carlo Bo”), riproduce l’intervento presentato dal docente alla Giornata nazionale di studio e ricostruisce in modo sintetico il quadro delle competenze legislative in materia di salute e sicurezza sul lavoro, così “come risulta delineato nella Costituzione italiana dopo la riforma del 2001”. Soffermandosi in particolare “sulle competenze delle Regioni e sul loro fondamento” e proponendo “alcuni interventi per rendere più stringente la loro azione” dopo l’emanazione del Decreto legislativo 81/2008.

L’autore ricorda che malgrado, da un punto di vista formale, il D.Lgs. 81/2008 non possa essere definito un vero e proprio testo unico, la sua disciplina presenta in realtà un’“unicità sostanziale” essendovi “rinvenibili i principi generali del sistema di tutela sia per quanto concerne l’assetto istituzionale sia per quanto attiene alla gestione della prevenzione nei luoghi di lavoro”.

Questa “complessa operazione di unificazione, riassetto e riforma delle regole è stata resa possibile grazie ad una straordinaria sintonia realizzatasi tra gli attori istituzionali del sistema – i Ministeri del lavoro e della salute e le Regioni – e le parti sociali”. E tutto ciò tenendo conto che, dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, “sulla disciplina della salute e della sicurezza dei lavoratori si intrecciano competenze legislative esclusive dello Stato (art. 117, comma 2, Cost.) e competenze concorrenti delle Regioni (art. 117, comma 3, Cost.), con una decisa prevalenza delle prime”.

Infatti vi sono vari aspetti della materia correlata alla sicurezza che “sono ascrivibili alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Ciò vale per: i riflessi della disciplina prevenzionistica sul rapporto individuale di lavoro; per gli aspetti della rappresentanza e della tutela collettiva della sicurezza dei lavoratori; per la disciplina dell’apparato sanzionatorio penale ed amministrativo e dei connessi profili processuali; per la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale; per i riflessi che la disciplina della materia in esame può produrre sulla concorrenza fra imprese”.

In un simile quadro, continua il docente, “il perimetro della competenza legislativa delle Regioni appare alquanto circoscritto e di non agevole definizione, discutendosi se l’eventuale funzione incrementale della legislazione regionale in materia rispetto agli standard fissati a livello statale debba interpretarsi nel senso dell’aggravamento della normativa statale, ovvero, come pare preferibile, nel senso del completamento di detta normativa statale”.

La legislazione regionale può dunque “svolgere un ruolo importante a fini incrementali. Ciò riguarda, in particolare, l’integrazione delle normative tecniche statali là dove non siano totalmente puntuali e specifiche; la promozione della diffusione sul territorio della ‘cultura’ della prevenzione e l’incentivazione della corretta applicazione degli standard di prevenzione; il sostegno all’attività di rappresentanza e tutela collettiva della sicurezza; il miglioramento qualitativo delle attività di vigilanza”.

Dopo un’analisi del significato del termine “sicurezza del lavoro” (e non sicurezza sul lavoro) contenuto nel comma 3 della norma costituzionale (art. 117), il docente si sofferma sulle conseguenze della legislazione “concorrente” della salute e della sicurezza sul lavoro.

Ad esempio ricordando che, al di là di alcune “timidezze” delle Regioni, le Regioni hanno “attivamente partecipato alla predisposizione del d.lgs. n. 81/2008, recando un contributo essenziale grazie al vasto patrimonio di conoscenze e competenze formatosi sul campo fin dalla riforma sanitaria del 1978”.

Se si conviene poi che la tutela della salute e della sicurezza sul lavoro s’incentri sul principio cardine della prevenzione, come emerge anche dal d.lgs. 81/2008, “si comprende agevolmente perché nel 2001 il nuovo Titolo V della Costituzione, pur in un quadro ripartito di competenze, abbia chiamato in causa le Regioni”.

È infatti alle Regioni, “tramite le ASL, che la legge affida la programmazione e lo svolgimento delle attività di prevenzione, anche nei luoghi di lavoro, così come sempre alle Regioni lo stesso art. 117, comma 3, Cost. attribuisce competenza concorrente sia in materia di salute e sicurezza sul lavoro sia più in generale per la tutela della salute: due competenze, dunque, perfettamente simmetriche, strettamente complementari e, a ben guardare, assolutamente non disgiungibili, pena lo stravolgimento dell’intero quadro ordinamentale della salute”. E in questi termini va letto il coinvolgimento del settore sanitario nell’attività di controllo, coinvolgimento considerabile come principio fondamentale in materia di salute e sicurezza del lavoro: la vigilanza è uno “strumento essenziale dell’attività di prevenzione”.

E, secondo l’autore, “un eventuale completo riaccentramento in capo ad organi statali delle competenze sulla vigilanza”, ad esempio per rimediare alle difficoltà operative di alcune Regioni, “altererebbe irrimediabilmente quel legame tra prevenzione e vigilanza oggi incardinato in capo alle Regioni ed alle loro strutture operative, a meno che non si intenda riaccentrare in capo allo Stato… anche l’intero sistema sanitario e le connesse funzioni di prevenzione”!

L’intervento si sofferma poi sugli strumenti istituzionali messi in campo dal d.lgs. 81/2008 per realizzare un efficace coordinamento delle attività (Comitato nazionale di cui all’art. 5, Comitati regionali di coordinamento di cui all’art. 7, Commissione per gli interpelli di cui all’art.12, …).

Tuttavia “sostenere il perdurante fondamento delle competenze regionali in tema di salute e sicurezza sul lavoro non significa ovviamente ignorare le possibili ricadute della nuova disciplina del 2008/2009 sull’azione delle Regioni”.

Infatti al pari degli altri attori del sistema di prevenzione, anche le Regioni e le loro strutture operative debbono misurarsi con le novità del d.lgs. 81/2008, ad esempio con riferimento alla “forte accentuazione della dimensione organizzativa prodotta dal nuovo decreto, sia per quanto concerne la connessione tra organizzazione del lavoro e prevenzione, sia per quanto riguarda l’organizzazione del sistema di prevenzione nei luoghi di lavoro”.

C’è dunque l’esigenza di “valorizzare la professionalità degli operatori dei servizi ispettivi delle ASL, e non solo di esse, mediante percorsi di alta formazione giuridica ed organizzativa, progettati in collaborazione tra Regioni, INAIL e Università e finalizzati ad arricchire il bagaglio delle loro conoscenze tecniche per cogliere al meglio sia la connessione tra il profilo dell’organizzazione e della gestione del lavoro e quello della salute e della sicurezza di chi lavora, sia le nuove metodologie di organizzazione dei sistemi di prevenzione”.

E, conclude l’autore, le innovazioni del d.lgs. 81/2008 sollecitano una “decisa azione legislativa delle Regioni sul terreno del sostegno e dell’incentivazione della qualificazione delle aziende sul piano prevenzionistico e, in generale, su quello della loro responsabilità sociale”. Infatti una vera “cultura della prevenzione” non può “prescindere dalla costruzione di una seria e moderna ‘cultura di impresa’ così come emerge nel secondo comma dell’art. 41 Cost. e nella dimensione comunitaria”.

Link diretto all’articolo integrale di PuntoSicuro e al link per visualizzare il breve saggio presentato…

Tiziano Menduto